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Smart working e workaholism: l’impatto della pandemia sui dipendenti dal lavoro

Uno studio condotto dal National Bureau of Economic Research ci illustra come la pandemia COVID-19 abbia costretto i lavoratori di tutto il mondo a modificare la capacità di comunicazione

Tale capacità si è adattata alle nuove condizioni  quali perdita di un ufficio centralizzato, perdita dell’interazione faccia a faccia).

Secondo questo studio, nelle settimane immediatamente successive al lockdown, i dipendenti hanno modificato i loro orari di lavoro estendendoli oltre il normale intervallo, hanno aumentato il numero di video conferenze e moltiplicato il numero di e-mail inviate.
Questi cambiamenti sono coerenti con la necessità di utilizzare forme di comunicazione virtuali per sostituire l’interazione vis a vis e per coordinarsi in maniera non pianificata quando si crea un imprevisto.
Ma se sei un maniaco del lavoro, che impatto possono avere questi cambiamenti su di te? Negli ultimi mesi abbiamo osservato i nuovi workaholic, i dipendenti dallo smart working, i cultori delle riunioni su Zoom, Teams, Skype. I nuovi dipendenti dal lavoro online appaiono sempre più organizzati: schermi più grandi, sedie ergonomiche, supporti regolabili per ogni tipo di strumento di comunicazione.

Questo ambiente lavorativo, più confortevole e rassicurante, li rende pronti a rispondere in maniera più rapida e disponibile ad ogni richiesta e a prolungare l’orario di lavoro oltre il normale.
Una caratteristica del rischio di workaholism è l’impegno nel lavoro in termini di ore trascorse. Con i lavoratori che impiegano la maggior parte del loro tempo in attività lavorative, questi si  impegnano oltre i normali orari.
Secondo l’International Journal of Environmental Research and Public Health i maniaci del lavoro – descritti come persone con “una compulsione o un bisogno incontrollabile di lavorare incessantemente” – hanno il doppio delle probabilità di essere depressi. Gli stessi  hanno una qualità del sonno peggiore rispetto ai dipendenti normali.
Secondo lo studio del National Bureau of Economic Research (condotto sulla popolazione americana), i dipendenti hanno lavorato in media circa 50 minuti in più al giorno (quasi tre giorni in più al mese!) nel periodo post-lockdown rispetto a prima della pandemia. E’ dunque opportuno chiedersi quanto anche le ore di lavoro in eccesso potrebbero essere collegate al peggioramento della salute mentale osservata?

In un periodo in cui le condizioni esterne ci espongono ad uno stress prolungato, un investimento sulla prevenzione dei fattori di rischio comportamentali e ambientali dei disturbi mentali sarebbe d’obbligo.


 

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