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Perfezionismo patologico: quando il meglio è nemico del bene

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Talvolta si pensa al perfezionismo come ad una caratteristica positiva che comporta il tentativo di raggiungere standard elevati senza subire conseguenze negative.

Tuttavia al perfezionismo spesso sono associate conseguenze negative come ansia, depressione e problemi alimentari.

Nei pazienti che giungono in psicoterapia, i tratti perfezionistici sono molto frequenti ed in particolare si incontrano nei casi di disturbo ossessivo-compulsivo dove il soggetto sente la necessita di eseguire i rituali in modo perfetto e di ripeterli finché non si sono completati nella “maniera giusta”; nei casi di ansia sociale in cui il soggetto ha regole rigide sul parlare perfettamente nelle situazioni pubbliche o evita le stesse perché teme di non essere all’altezza dei suoi standard; nei disturbi alimentari in cui si cerca costantemente di ottenere un peso e una forma fisica perfetti.

Questo suggerisce che il perfezionismo sia un processo transdiagnostico che si verifica in un’ampia gamma di disturbi, tra cui ansia e disturbi correlati, disturbi alimentari e depressione, ecc. (Egan, Wade e Shafran, 2011) e che sia un costrutto dimensionale che può avere diversi livelli di gravità.

In altre parole, il perfezionismo non è qualcosa che le persone hanno o non hanno, piuttosto è qualcosa che tutti sperimentiamo a vari livelli.

Ma cos’è il perfezionismo?

Non esiste una definizione universalmente condivisa del termine, e persino gli esperti lo definiscono in modi diversi.

Sarah Egan, parlando del perfezionismo disfunzionale, lo definisce come una tendenza a mantenere standard eccessivamente elevati che si associano a disagio clinicamente significativo. Alcuni esempi possono essere:

• una donna che lotta per essere un genitore perfetto, una moglie perfetta e un lavoratore perfetto, spesso a scapito della propria salute emotiva e fisica;

• Un lavoratore che cerca costantemente rassicurazione sul fatto che il suo lavoro sia di qualità eccellente e che sia apprezzato dagli altri;

• Uno studente che si sforza costantemente di soddisfare standard universitari eccessivamente elevati e che è devastato quando non riceve il voto massimo;

• Un individuo che trascorre ore a pianificare ogni aspetto della sua giornata e che diventa molto angosciato quando le cose non vanno secondo i suoi piani.

 

In letteratura c’è una lunga tradizione che distingue tra forme positive e negative di perfezionismo.

 

All’inizio, il perfezionismo disfunzionale fu descritto come la “tirannia dei doveri” (Horney, 1950).

Alcuni decenni dopo, David Burns (1980) fornì una prima definizione di perfezionismo patologico, distinguendo il perfezionismo dalla sana ricerca dell’eccellenza e definendo i perfezionisti clinici come “coloro le cui norme sono al di sopra della portata o della ragione, persone la cui tensione è compulsiva e incessante verso obiettivi impossibili e che misurano il loro valore interamente in termini di produttività e realizzazione”.

Secondo Shafran e colleghi, questa specifica forma di perfezionismo (perfezionismo clinico) è legata alla “eccessiva dipendenza dell’auto-valutazione dalla ricerca di standard personali molto severi e autoimposti in almeno un dominio importante, nonostante le conseguenze negative” (Shafran et al., 2002).

Da questa definizione si evince che l’aspetto centrale disfunzionale non è tanto l’obiettivo e la norma in sé, ma la valutazione di sé in base al rispetto dei propri standard (es. pensare di essere un fallimento complessivo come persona dopo aver preso un 27 ad un esame anziché un 30).

Nel perfezionismo “sano” un individuo, in caso di insuccesso, sarebbe in grado di ridefinire i propri obiettivi e scopi, mentre nel perfezionismo clinico il fallimento dei propri standard elevati e rigidi porta il soggetto all’autosvalutazione e all’autocritica.

 

TRATTAMENTO DEL PERFEZIONISMO PATOLOGICO:

Recenti studi hanno evidenziato che la presenza di perfezionismo può influenzare negativamente l’esito del trattamento di altri disturbi psicologici in asse I come i disturbi d’ansia, dell’alimentazione e il disturbo depressivo e che un trattamento mirato sul perfezionismo può produrre di contro un miglioramento dei disturbi psicologici associati.

Il trattamento cognitivo comportamentale del perfezionismo patologico, attualmente considerato tra i più efficaci, è caratterizzato da una serie di interventi che partono dall’identificare le aree di vita in cui il perfezionismo è un problema.

Questo lavoro è effettuato attraverso un monitoraggio quotidiano dei comportamenti perfezionistici.

Successivamente, oltre alla formulazione del caso, il lavoro comprenderà la psicoeducazione, degli esperimenti comportamentali finalizzati alla messa in discussione delle credenze disfunzionali e la ristrutturazione cognitiva per la modificazione delle convinzioni disfunzionali relative al mondo e a se stessi.

L’obiettivo ultimo della terapia è abbandonare la logica al “perfezionista”, allargare lo schema di auto-valutazione del paziente anche ad altri domini più funzionali.

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